Assolto dalla guida in stato di ebbrezza perché tollera bene l’alcol: un paradosso possibile?
Se guidate ubriachi e reggete bene l’alcol potreste andare assolti dall’accusa di guida in stato di ebbrezza.
Questo è il principio che sembra evincersi da due recentissime sentenze emesse dalla Cassazione a Sezioni Unite (cfr. Cass. Pen. S.U. n. 13681 e 13682, 25/2/2016, dep. 6/4/2016).
Guida in stato di ebbrezza e particolare tenuità del fatto
Il problema posto all’attenzione del Supremo Collegio riguardava la compatibilità tra i reati della famiglia della guida in stato di ebbrezza e la nuova causa di non punibilità per lieve entità del fatto introdotta nel 2015. Si trattava, in particolare, del reato di guida in stato di ebbrezza propriamente detto e di quello di rifiuto di sottoporsi agli esami clinici per accertare il tasso alcolemico nel sangue (art. 186 c. 1 e 186 c. 7 c.d.s.).
All’inizio del 2015, il Parlamento ha introdotto l’art. 131 bis c.p., che, in sintesi, dispone che una condotta, anche se in teoria integra tutti gli elementi di un reato, possa comunque non andare soggetta a pena se, in concreto, sia ritenuta bagattellare e non dannosa. Si parla, per l’appunto, di speciale tenuità, che viene accertata, secondo la legge, in base a tre parametri:
- le modalità della condotta;
- il danno o il pericolo cagionato;
- l’occasionalità del comportamento.
Ma come si può valutare di speciale tenuità quando il reato consiste in una semplice disobbedienza?
È proprio il caso che ci occupa: un automobilista che, in occasione di un controllo, rifiuta di obbedire all’agente accertatore che gli ordina di sottoporsi a controlli medici. Si può, dunque, distinguere una disobbedienza bagattellare o poco pericolosa da una che invece ingenera grave rischio?
E se la legge, come nel caso del reato di guida in stato di ebbrezza, valuta già a priori l’entità del danno o del pericolo graduando la pena in funzione del tasso alcolemico? Si può apprezzare una pericolosità in concreto causata dall’automobilista ubriaco diversa da quella valutata in astratto dalla legge?
Secondo la Cassazione sì per due motivi:
1) L’art. 131 bis c.p. è norma generale, che non si pone limiti di sorta, ed anzi, stabilisce espressamente la propria applicazione anche quando la lieve entità del fatto sia già prevista, come ad esempio nel caso della violenza sessuale, come circostanza attenuante;
2) Anche nella guida in stato di ebbrezza si può apprezzare il pericolo ingenerato in concreto dall’ubriaco al volante. Guidare ubriachi per pochi metri in un luogo isolato non è la stessa cosa che guidare a folle velocità lungo una strada affollata.
L’accertamento in concreto
La distinzione è però puramente teorica dal momento che la guida in luogo isolato e per pochi metri non dà mai luogo a controlli. L’accertamento del tasso alcolemico è infatti quasi sempre indotto da un’anomala condotta di guida. E allora, come accertare in concreto la speciale tenuità del fatto? Si propongono diversi criteri, che la Cassazione fa propri, tutti riconducibili all’apparenza o meno dell’intossicazione: dai connotati personali (alito vinoso, andatura barcollante, frasario sconnesso), a quelli inerenti la condotta di guida su strada più o meno prudente.
Prima della riforma della guida in stato di ebbrezza, incentrata sul tasso alcolemico come fattore dirimente, gli elementi base su cui si accertava l’ubriachezza degli automobilisti erano proprio questi: condotta alla guida e connotati personali.
Oltre a generare dubbi sul piano tecnico, poiché essi erano il frutto più che altro di percezioni soggettive dell’agente accertatore, si determinava una situazione per cui ad essere provata era solo l’apparenza dell’ubriachezza, il che consentiva a chi aveva sviluppato maggiore tolleranza all’alcol di poter facilmente ingannare gli agenti che eseguivano i controlli.
La stessa cosa rischia di succedere ora, poiché abbiamo fatto rientrare dalla finestra quello che credevamo di aver fatto uscire dalla porta. Abbiamo infatti reintrodotto i parametri dell’alito vinoso, del frasario sconnesso ecc. per accertare la lieve entità del fatto, che finisce per costituire una sorta di salvacondotto per mandare comunque assolti gli ubriachi al volante.
La Cassazione sembra quindi non aver tenuto conto delle conseguenze di una simile impostazione:
- l’alcol crea pericolo in sé perché inibisce i riflessi ed impedisce di essere vigili e concentrati al volante, a prescindere dalla condotta di guida tenuta in concreto dagli automobilisti. Di qui la valutazione della gravità del reato in funzione del solo tasso alcolemico. Una scelta politica che si rischia così di vanificare;
- Si finisce per premiare in questo modo solo l’apparenza di uno stato di intossicazione alcolica non grave, che è tipico non delle persone diligenti, ma di chi ha sviluppato maggiore tolleranza all’alcol.
Ci perdonerete allora la polemica. Il messaggio,diventa: “Allenatevi a bere! E fatelo magari con degli alpini…”. La prossima volta che guidate ubriachi potrebbe tornarvi utile.