Potranno gli ubriachi al volante reclamare la propria patente?

Potranno gli ubriachi al volante reclamare la loro patente, o meglio sostenere che sia stata loro ritirata in maniera illegittima? Sembra questa l’ultima frontiera e, se vogliamo, la più estrema, dell’applicazione del principio del ne bis in idem. Tale principio si può tradurre come “non si può essere processati due volte per lo stesso reato“. Si tratta dunque di un pilastro delle garanzie dell’imputato, che associa ad un fatto di reato una ed una sola pena ed impedisce la moltiplicazione artificiosa dei processi e, di conseguenza, delle pene.

Ne bis in idem

Se il principio è granitico in materia penale, molto più dubbia ne è l’applicazione nel momento in cui alla pena si associ anche una sanzione amministrativa. Il mondo degli illeciti amministrativi, negli ultimi anni in fortissima espansione, si caratterizza infatti per molteplici differenze con le pene; vediamo le principali:

  1. La pena presuppone un reato e un reato impone un processo per accertarlo. Solo con la sentenza definitiva la pena potrà quindi essere eseguita. Non così la sanzione amministrativa, che viene accertata direttamente dall’autorità amministrativa (ad es. il vigile urbano nel caso del divieto di sosta) ed è immediatamente esecutiva.
  2. L’intervento del giudice è necessario per quanto attiene alla pena, ossia occorre sempre celebrare il processo, non così nelle sanzioni amministrative, in cui il giudice viene coinvolto solo in via eventuale, ovvero se il trasgressore decide di fare ricorso.
  3. La pena viene applicata solo dopo la sentenza definitiva, mentre la sanzione amministrativa, salvo che il giudice non la sospenda, rimane esecutiva anche durante tutto l’iter dell’eventuale ricorso.

La possibilità del concorso tra le due sanzioni sul medesimo fatto è stata per lungo tempo, pacificamente ammessa e non di rado caldeggiata in molti ambiti, come ad esempio in tema di frodi o di illeciti tributari, perfino dalle stesse istituzioni comunitarie, le quali vedevano nella sanzione amministrativa un metodo di contrasto rapido ed efficace a condotte illecite, colpite sovente in via immediata da ingenti sanzioni di carattere patrimoniale, così da consentire un processo penale “a bocce ferme”, con i patrimoni di origine illecita già assicurati alla giustizia, e così evitando che i tempi del processo condizionassero l’effettività della pena.

Nel 2014, con la sentenza c.d. Grande Stevens, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (d’ora in poi, per brevità, solo “Corte EDU”) ha rivoluzionato questo ordine di idee.

Il caso riguardava una vicenda di manipolazione del mercato di borsa ad opera di alcuni dirigenti del Gruppo FIAT, i quali avevano diffuso mediante comunicati stampa notizie assolutamente infondate circa le imminenti iniziative di una società del gruppo.

Tale condotta, nel nostro ordinamento, è punita sia in via amministrativa, ai sensi dell’art. 187 bis D.Lgs. 58/1998 – Testo unico in materia di intermediazione finanziaria – TUIF), sia in via penale, con il reato di manipolazione del mercato, noto anche come aggiotaggio finanziario.

La Corte EDU ha ritenuto di dover applicare il principio del ne bis in idem, e dunque di inibire allo Stato italiano la possibilità di applicare entrambe le sanzioni al medesimo fatto.

La sentenza muove dal principio in base al quale la natura, penale o amministrativa, di una sanzione non dipende dall’etichetta formalmente assegnatale dal legislatore, che può adottare l’una o l’altra delle soluzioni a seconda delle convenienze, ma da requisiti sostanziali: la connotazione prettamente afflittiva della sanzione e la sua finalità repressiva.

Quando una sanzione soddisfa questi due parametri è certamente da qualificarsi come penale, e dunque soggetta al principio del ne bis in idem.

In questo caso, le sanzioni erogate dalla CONSOB sono da un lato oggettivamente ingenti, giacché ammontano a diversi milioni di euro, e dall’altro sono sganciate da qualunque considerazione circa il danno effettivamente causato dalla condotta illecita. La finalità è dunque eminentemente repressiva.

Il recepimento di questi principi nel nostro ordinamento è stato, in questi due anni, ondivago e farraginoso.

Pensiamo per esempio alla materia tributaria, a cui le persone comuni sono, per ovvie ragioni, molto sensibili, e che si caratterizza per il concorso, a certe condizioni, tra le sanzioni amministrative, applicate dall’Agenzia delle Entrate, e pene.

Con riferimento, per fare un esempio, agli omessi versamenti IVA o di ritenute certificate, che la legge qualifica come reato solo quando l’importo evaso supera soglie determinate dalla legge (nel caso delle ritenute la soglia è di € 150.000), la Cassazione, curiosamente, ha sostenuto che non si potesse parlare di ne bis in idem poiché le soglie inducono a ritenere che si tratti di mera progressione repressiva: al di sotto delle soglie interviene la sanzione amministrativa, al di sopra quella penale. Peccato però, viene da dire, che, anche per le evasioni al di sopra delle soglie l’Agenzia delle Entrate non si sogna nemmeno di fare un passo indietro e di non applicare sanzioni. Negare il concorso tra le due sanzioni appare dunque assai bizzarro.

La guida in stato di ebbrezza e il principio del ne bis in idem

Veniamo ora alla guida in stato di ebbrezza,  dove le due sanzioni pacificamente concorrono: alla condanna penale consegue, infatti, la sanzione amministrativa della sospensione o della revoca della patente di guida.

Il caso è stato portato alla Corte EDU da un cittadino canadese, che ha fatto ricorso contro la Svizzera perché si era visto applicare, similmente a quanto accade da noi, la pena e la revoca della patente.

La Corte EDU, però, ha qui dato torto al ricorrente, statuendo che la sanzione amministrativa andava “a ruota” di quella penale e veniva applicata dalla Polizia in conseguenza della condanna, senza che agli Agenti venisse lasciato alcun margine di accertamento circa la responsabilità del trasgressore. Si trattava dunque non di sanzione amministrativa, ma di pena accessoria, che infatti veniva applicata contemporaneamente alla pena.

La guida in stato di ebbrezza in Italia

E da noi in Italia? Vero è che la sanzione amministrativa della sospensione della patente è accessoria alla condanna, ma è anche vero che, subito dopo l’etilotest, gli agenti accertatori possono procedere al ritiro immediato della patente. Lo stabilisce l’art. 223 c.d.s. Da lì si incardina un procedimento amministrativo all’esito del quale il Prefetto, indipendentemente da quello che dirà il giudice, valuta se ci siano gli estremi per applicare la sospensione della patente. Il paradosso, dunque, è che, all’esito del processo penale, il giudice si trova non di rado ad applicare sanzioni accessorie già interamente scontate per effetto del provvedimento prefettizio.

In sintesi, dunque, nel nostro sistema, la Polizia e la Prefettura agiscono in maniera del tutto indipendente dal giudice penale ed erogano la sanzione amministrativa, di fatto, ben prima che il giudice possa pronunciarsi.

Si tratta dunque di attività di accertamento del tutto indipendenti e, anche sul piano temporale, ben distinte: ovvero tutto quello che la Corte EDU, nella sentenza Rivard vs, Svizzera, ha chiaramente stigmatizzato come indice di ne bis in idem, e dunque assolutamente vietato.

C’è dunque la possibilità per gli ubriachi al volante di recuperare la patente. A chi avrà voglia di imbarcarsi in una simile battaglia legale, mostriamo cauto ottimismo. Da Strasburgo qualche bella sorpresa potrebbe arrivare. Nel frattempo, attenti quando girate per strada!

Riferimenti normativi e giurisprudenziali:

Corte EDU sentenza Grande Stevens vs. Italia 

Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. 58/1998) 

Codice della strada 

Cass. Sez. I 14/5/2014 n. 19915 in www.cortedicassazione.it

Corte EDU Rivard vs. Svizzera caso n. 21563/12, 4/10/2016
( http://hudoc.echr.coe.int/eng#{“itemid”:[“001-166931”]} )